Plenaria: ultima lezione della scuola estiva del pd.
Apre Tonini (mi piace, ha una buona retorica), riportando una frase di Morin: La Storia insegna che gli esiti che sembrano improbabili, alle volte possono succedere e ciò che è sembrato scontato può invece non avvenire mai. La situazione, apparentemente catastrofica in cui si trova la nostra società, il nostro globo, potrebbe risolversi inaspettatamente. La responsabilità di questa risoluzione ovviamente non è lasciata al caso, né a dio, ma agli individui, alla politica che deve muoversi per far accadere l’improbabile.

Amato, in piena ovazione, apre con la necessità della costruzione di un NOI. La necessità di superare vecchie identità, di costruirne delle nuove.
Passa poi a parlare del capitalismo, sinonimo di questa società visto che vige ovunque. Il capitalismo, tra gli innumerevoli  aspetti positivi ne ha in sé uno negativo: l’insostenibilità. Fisica, ambientale, finanziaria e sociale. L’insostenibilità finanziaria è dimostrata dalla tendenza insita di generare debiti, non ricchezza, di giocare troppo d’azzardo, affidandosi a pericolosi strumenti come i derivati o i sub-prime. Quella sociale invece consta di due spiegazioni. La prima, la più diffusa, è quella della diseguaglianza. La nostra società è caratterizzata da sempre più benessere e da una sempre peggiore distribuzione di questo. L’altro, a cui Amato tiene particolarmente è questa società post classi sociali, nella quale impera una solitudine, un individualismo, figli di una società sfilacciata, disaggregata.
La domanda che si pone Amato è se la democrazia può farcela a risolvere questa insostenibilità. La risposta è di metodo: serve il riformismo, ma non è sufficiente. è necessaria una responsabilizzazione di tutti. Nella fattispecie indica alcune ideologie del 900 come nate per far crescere dei diritti, ma come causa di rafforzamento di un potere, destinato alla realizzazione dell’ideologia. Il riformismo invece è un metodo inclusivo, che tende a coinvolgere tutti, responsabilizzandoli. In questo senso potrebbe essere sovrapposto alla Democrazia, che però garantisce il diritto di poter raggiungere dei risultati, non ne garantisce il raggiungimento. Un mondo migliore è un mondo dove chiunque può avere un proprio di vita e realizzarlo. Questa è uguaglianza (ndr e non è anche individualità fottuta fine a sé stessa, dannosa per la collettività?). Immediatamente, nemmeno avesse sentito il mio pensiero (e immagino di altri), Amato precisa che tante individualità non realizzano un assetto democratico, per questo serve una coscienza collettiva. E questo è il NOI delle origini del socialismo, quando persone che normalmente si davano del voi, chiuse in cantine a discutere ci si dava del tu. Attraverso il tu si costruiva il NOI.
La soluzione ai nostri problemi non è un’ideologia, non è una persona che risolva tutto ma la soluzione è l’impegno di tutti NOI.

Un interessante punto di vista sul riformismo dall’alto. Amato sostiene che non esista, che sia fuori luogo porre in questi termini il problema. Il riformismo nasce dal basso, dallo scambio di esperienze, di idee, di opinioni, di responsabiità. Ad un certo punto, nella storia politica del nostro paese, è diventato di governo. Allora, la storica divisione tra riformisti e massimalisti ha dato vita all’ossimoro del partito di lotta e di governo. Un ossimoro molto dannoso per la capacità di governare per una forza di centro sinistra. Molto interessante: prendere le distanze dai partiti di lotta e di governo, dalle posizioni massimaliste, ha essiccato il riformismo che si è visto privato di quella parte di società. C’è bisogno di circolarità, dal governo alla società.

Ha chiuso con 2 citazioni: il sacro e il profano.
– dal film Sacco e Vanzetti, dove Vanzetti (definito anarchico, ma della nostra stessa famiglia)  scrive al figlio “i tuoi giochi non tenerli per te”.
– Bill Gates (???) intervenuto ad una laurea di una super università americana ha sostenuto che non sono i grandi intellettuali, i poliici o gli imprenditori a risolvere la pace del mondo, ma solo la fiducia in noi stessi e negli altri, pensando agli altri.